Carissima Giulia,
ti saluto, insieme con Delio e Giuliano. E poiché spesso ci sono tanti ritardi prima che le mie lettere ti giungano sarà necessario che già da oggi mandi gli auguri per i prossimi cinque anni di Delio. In ogni modo, l’incarico degli auguri te lo do: tanti, tanti. Ricordi? Già cinque anni. E adesso Delio è già grande. Chissà che impressione ti fa vederlo crescere. Io lo ricordo nell’aprile ’25, quando aveva la coqueluche, e mi sembrava cosí infelice! Quando lo rividi nel ’26 mi sembrò un altro, assolutamente diverso. Adesso, stando ai limiti legali della mia condanna, lo dovrei rivedere quando avrà 23 anni e, con la fretta dei giovani, quando avrà già moglie e figli. Sarà ancora piú
diverso dall’aprile ’25. Scherzo. Ma penso che avrà figli, perché, se la città vuol difendersi dall’invasione della campagna e non perdere la sua egemonia storica, le nuove generazioni dovranno mutare i loro punti di vista sulla prolificità, specialmente da voi. Se la città cresce per immigrazione e non per la sua stessa forza genetica, potrà compiere la sua funzione dirigente o non
sarà sommersa, con tutte le sue esperienze accumulate, dalla conigliera contadina? Penso che la generazione di Delio dovrà porsi questo problema e che su questa base dovrà nascere una nuova etica sessuale piú elevata dell’attuale.
Ti abbraccio teneramente
Antonio

Carissima Tania,
ho qui davanti due tue lettere e cinque cartoline (l’ultima del 23 maggio) alle quali dovrei rispondere in ordine, diligentemente. Ma non lo farò. Hai ricevuto la lettera spedita da casa e l’altra per Giulia? La prima deve esserti arrivata con molto ritardo, come mi scrive mia madre. Il cambiamento di stagione, col caldo notevole che già si fa sentire, mi ha depresso e mi sto instupidendo. Sento addosso una stanchezza enorme e una certa debolezza generale, nonostante che continui a prendere i ricostituenti; ma credo che non durerà a lungo. Non è una cosa nuova e perciò non mi preoccupa. Mi annoia perché mi fa perdere il gusto del leggere e mi ottunde la memoria e la sensibilità generale. Sabato ho ricevuto il tuo pacco, che in via eccezionale mi è stato consegnato. Ti ringrazio. Ma io credevo che dentro ci fosse la lana per le calze, ecc., invece sono rimasto deluso e preoccupato. Davvero. E ti raccomando di non lasciarti prendere la mano dalla fantasia e dall’astratta concezione dell’«utile», del «necessario», ma di tenerti alla concretezza del «carcerario», cioè di quello che io ti ho richiesto. Dalle tue cartoline appare a questo proposito la trama di un romanzo con propositi, pentimenti, dilemmi laceranti, velleità, desideri, ecc. Non sarebbe meglio essere piú sobri e risoluti? Ti pare? È vero che il tuo modo di fare mi diverte, ma questo non è una giustificazione (per te almeno). Mi diverte perché mi convince che tu sei la meno pratica delle persone, nonostante tutte le pretese che hai spesso sfoggiato verso di me. Io sono stato invece sempre l’uomo piú pratico di questo mondo: tante cose non le facevo solo perché me ne infischiavo allegramente, cioè apparivo non pratico perché lo ero troppo, fino all’esagerazione. E non ero compreso! Una cosa veramente tragica. Adesso credo sia possibile fare un bilancio floreale consuntivo, abbastanza esatto. Tutti i semi sono falliti eccettuato uno, che non so cosa sia, ma che probabilmente è un fiore e non un’erbaccia. La cicoria è tutta in fiore e darà molta semenza per le prossime stagioni. La canna ha già cacciato fuori una foglia larga come la mano e ne sta preparando un’altra: pare che attecchisca bene. Le dalie sono ancora in incubazione e non se ne sa niente; pertanto si può presumere che un giorno o l’altro vogliano nascere, perché io ignoro la loro stagione. La rosa sta incominciando a buttare, dopo che sembrava ridotta in desolati stecchi. Ma riuscirà a vincere i prossimi caldi estivi? Mi pare troppo meschina e mal ridotta per essere da tanto. È vero che la rosa non è, in fondo, che un pruno selvatico, e quindi molto vitale… Vedremo. Ti avrei voluto mandare un fiore di cicoria, ma poi ho pensato che esso è buono, tutt’al piú, per incominciare uno stornello. Nella cartolina del 14 maggio trovo che vorresti un nuovo elenco dei libri che ti avevo domandato quando eri qui. Mi pare di avere ricevuto tutto. Se manca qualcosa, non importa: se è importante me ne ricorderò. Non mandarmi nessuna traduzione che non sia della Slavia anche se si presenta sotto veste autorevole. – 
Della «Slavia» ho ricevuto tutto il pubblicato, eccettuati i primi volumi esauriti, e gli ultimissimi [eccetto] Anna Karenina che non ho ancora ricevuto. Ho visto che hanno ristampato Il villaggio di Stepancikovo di Dostoievski, che puoi farmi mandare. Vorrei avere anche questi altri libri: – Henri de Man, Il superamento del Marxismo, Bari, Laterza (uscito in questi giorni); Ferdinando d’Amato, Gentile e Francesco Flora, Croce – due volumetti stampati a Milano dalle «Edizioni Athena», collezione «Pensatori d’oggi», e la Storia delle religioni di Adolfo Omodeo, un volumetto stampato
dall’edit. Principato di Messina in una collezione scolastica. – Per i libri di Roma occorre aspettare ancora, perché non ho posto: però domani farò la domandina (è un termine carcerario) per essere autorizzato a spedire a casa una cassetta di libri.
Cara Tanía, fammi sapere qualcosa di te. Come stai, adesso? Ti sei rimessa bene? Ti abbraccio
Antonio

Caro Delio,
ho saputo che vai a scuola, che sei alto ben 1 metro e 8 centimetri e che pesi 18 chili. Cosí penso che tu sei già molto grande e che tra poco tempo mi scriverai delle lettere. In attesa di ciò, puoi già oggi fare scrivere alla mamma, sotto la tua dettatura, delle lettere, come facevi scrivere a me, a Roma, i pimpò per la nonna. Cosí mi dirai se a scuola ti piacciono gli altri bambini e cosa impari e come ti piace giocare. So che costruisci aeroplani e treni e partecipi attivamente all’industrializzazione del paese, ma poi questi aeroplani volano davvero e questi treni corrono? Se ci fossi io, almeno metterei la sigaretta nella ciminiera, in modo che si vedesse un po’ di fumo! Poi mi devi scrivere qualche cosa di Giuliano. Che te ne pare? Ti aiuta nei tuoi lavori? È anch’egli un costruttore, oppure è ancora troppo piccolo, per meritarsi questa qualifica? Insomma io voglio sapere un mucchio di cose e poiché tu sei cosí grande, e, mi hanno detto, anche un po’ chiaccherino, cosí sono sicuro che mi scriverai, con la mano della mamma, per adesso, una lettera lunga lunga, con tutte queste notizie e altre ancora. E io ti darò notizie di una rosa che ho piantato e di una lucertola* che voglio educare. Bacia Giuliano per conto mio e anche la mamma e tutti quanti di casa e la mamma bacerà te a sua volta per conto mio.

Toi papa

*Ho pensato che tu forse non conosci le lucertole: si tratta di una specie di coccodrilli che

rimangono sempre piccini.

Cara Giulia,
chi ti ha detto che io possa scrivere di piú? Purtroppo non è vero. Posso scrivere solo due volte al mese e solo per Pasqua e Natale dispongo di una lettera straordinaria. Ti ricordi ciò che ti diceva Bianco, nel 23, quando partii? Bianco aveva ragione dal punto di vista della sua esperienza;
avevo sempre avuto una invincibile avversione all’epistolografia. Da quando sono in carcere ho scritto almeno il doppio di lettere che nel periodo antecedente: devo aver scritto almeno 200 lettere, un vero orrore! – Cosí non è esatto che io non sia calmo. Sono invece piú che calmo, sono apatico e
passivo. E non me ne maraviglio e neanche faccio uno sforzo qualsiasi per uscire dal marasma.
D’altronde, forse questo è una forza e non uno stato di marasma. Ci sono stati dei lunghi periodi in cui mi sentivo molto isolato, tagliato fuori da ogni vita che non fosse la mia propria; soffrivo terribilmente; un ritardo di corrispondenza, l’assenza di risposte congrue a ciò che avevo domandato,
mi provocavano stati di irritazione che mi stancavano molto. Poi il tempo è passato e si è sempre piú allontanata la prospettiva del periodo anteriore; tutto ciò che di accidentale, di transitorio esisteva nella zona dei sentimenti e della volontà è andato via via scomparendo e sono rimasti solo i
motivi essenziali e permanenti della vita. È naturale che ciò avvenisse, ti pare? Per qualche tempo non si può evitare che il passato e le immagini del passato siano dominanti, ma, in fondo, questo guardare sempre al passato finisce con l’essere incomodo e inutile. Io credo di aver superato la crisi
che si produce in tutti, nei primi anni di carcere, e che spesso determina una netta rottura col passato, in senso radicale. A dire il vero, questa crisi l’ho sentita e vista negli altri, piú che in me stesso, mi ha fatto sorridere e questo era già un superamento. Io non avrei mai creduto che tanta gente avesse una cosí grande paura della morte; ebbene è proprio in questa paura che consiste la causa di tutti i fenomeni psicologici carcerari. In Italia dicono che uno diventa vecchio quando incomincia a pensare alla morte; mi pare una osservazione molto assennata. In carcere questa svolta psicologica si verifica appena il carcerato sente di essere preso nella morsa e di non poterle piú sfuggire: avviene un cambiamento rapido e radicale, tanto piú forte quanto piú fino a quel punto si era presa poco sul serio la propria vita di idee e di convinzioni. Io ne ho visto abbrutirsi in modo incredibile. E mi ha servito, come ai ragazzi spartani serviva il vedere la depravazione degli iloti. –
Cosí adesso sono assolutamente calmo e non mi fa stare in ansia neanche la mancanza di notizie prolungata, sebbene sappia che ciò potrebbe essere evitato con un po’ di buona volontà… anche da parte tua. Poi Tania provvede a darmi tutte le notizie che riceve lei. Mi ha trasmesso, per esempio,
le caratteristiche dei bambini fissate da tuo padre, che mi hanno interessato molto, per molti giorni.
E altre notizie, commentate da lei con molta grazia. Bada che non voglio farti dei rimproveri! Ho riletto in questi giorni le tue lettere da un anno in qua e ciò mi ha fatto sentire nuovamente la tua tenerezza. Sai che quando ti scrivo, qualche volta mi pare di essere troppo secco e arcigno, in confronto a te che cosí naturalmente mi scrivi. Mi pare di essere come quando qualche volta ti ho fatto piangere, specialmente la prima volta, ti ricordi?, quando fui proprio cattivo per partito preso.
Vorrei sapere cosa ti ha scritto Tania del suo viaggio a Turi. Perché mi pare che Tania concepisca la mia vita in modo troppo idillico e arcadico, tanto che mi tormenta non poco. Non riesce a persuadersi che io debbo stare entro certi limiti e che non deve mandarmi nulla che io non abbia
domandato, perché non ho a mia disposizione un magazzino particolare. Adesso mi annunzia alcune cose, assolutamente inutili e che non potrò mai utilizzare, invece di attenersi strettamente a ciò che io le ho raccomandato.
Ti mando due fotografie: la grande riproduce i due figli di mia sorella Teresina: Franco e Maria, l’altra mia madre con in braccio la stessa bambina un po’ piú grandicella. Mio padre sostiene che la bambina rassomiglia a Giuliano; io non sono in grado di giudicare. Certo il maschietto non
rassomiglia a nessuno della mia famiglia: è il ritratto del padre, che è un sardo autentico, mentre noi siamo solo metà sardi: la bambina invece ha piú l’aria di famiglia. Qual’è il tuo giudizio? – Ho finito di leggere in questi giorni una storia della Russia del prof. Platonof, dell’ex Università di
Pietroburgo, un grosso volume di circa 1000 pagine. Mi pare una vera truffa editoriale. Chi era questo prof. Platonof? Mi pare che la storiografia del passato fosse molto bassa, se questo prof. Platonof ne era uno dei corifei, come vedo scritto dal prof. Lo Gatto nei suoi lavori sulla cultura
russa. Sull’origine delle città e del commercio russo al tempo dei Normanni ho letto una ventina di pagine dello storico belga Pirenne, che valgono tutta la zuppa di cavoli del Platonof. Il volume arriva solo fino al 1905 con due pagine supplementari fino all’abdicazione del granduca Michele e
con in nota la data della morte di Nicola II, ma ha il titolo di Storia dalle origini fino al 1918: una doppia truffa, come vedi. – Cara Giulia, scrivimi sui commenti di Delio all’epistola che gli scrivo; ti abbraccio teneramente
Antonio

Carissima Tania,
ho ricevuto le tue due lettere e le due lettere di Giulia; non ho invece ricevuto la «lunghissima» annunziata imminente il 30 aprile. Tra quindici giorni scriverò tutta la lettera per Giulia e per Delio; cosí non potrò ribattere i rimproveri che, immagino, mi scriverai. D’altronde non
devi mai prendere in senso assoluto ciò che ti scrivo: certo io sono molto cambiato, ma può darsi che si tratti solo di un fenomeno provvisorio, legato alla vita eccezionale del carcere. Penso che abbiano contribuito molto a ciò, i fatti che mi sono successi nel carcere di Milano e che ho riferito
al Tribunale Speciale in contradditorio col vice-questore De Sanctis. La diffidenza si è mutata in un abito di apatia e di indifferentismo, che forse è una forma istintiva di autodifesa.
A proposito dei 500 franchi che devi ancora pagare, io credo che vi converrebbe liberarvi completamente dell’aggravio, liquidando l’ipoteca con la terra stessa, cioè vendendola e intascando il residuo, se ce n’è. Tutta questa storia, quando l’ho saputa, mi ha fatto alquanto ridere e mi ha
provato la mancanza di senso pratico in tutti voi: credo che ci sia qualcuno che vi ha sfruttato, godendosi la terra e raccogliendone i frutti. Non sarei maravigliato se, al momento in cui avrete pagato l’ultimo centesimo dell’ipoteca, faceste la scoperta che la terra non vi appartiene piú, in virtú
di qualche articolo del Codice civile svizzero, riguardante l’incuria dei proprietari e il possesso continuato da parte di terzi, senza che il proprietario abbia fatto nel frattempo atti di podestà. Che ci possano un giorno vivere i bambini, mi pare un’idea affettuosa suggerita dai ricordi del passato.
Quanto ai disegni di Vittorio, non fidartene, per carità! Io ne ho conosciuto qualcuno, e ho dovuto sudare quattro camicie perché a Vittorio non succedesse qualche brutto scherzo. Io penso, in conclusione, che tu devi scrivere a tuo padre tutta la verità: la cifra di ciò che hai speso, facendogli
ricordare o sapere che nello stesso tempo egli spendeva la stessa somma, e quanto rimane ancora da pagare. In realtà tu non sai nulla di nulla di ciò che il vostro fiduciario o amico ha fatto per conto vostro, e scommetto che tra tutti non avete neanche piú il titolo di proprietà. – A proposito di
quanto ho scritto su Vittorio, non devi pensare che io non lo stimi e non gli voglia bene: egli è appunto originale e ricchissimo di fantasia, e i suoi progetti se ne risentono moltissimo; non so dove è nato, ma mi piacerebbe sapere se è nato in Provenza.
Attendo con ansia le babouches beduine; mi pare che devano andare bene perché le ho viste ad Ustica durante un ricevimento presso i beduini che erano là confinati. A proposito, sai che uno di questi beduini, un certo Haussiet, veniva quasi ogni giorno a trovarmi per vedere la fotografia di
Delio; egli aveva lasciato un bambino a Bengasi e si maravigliava che una fotografia potesse essere cosí espressiva, dolente che la sua religione proibisse di riprodurre la figura umana. Gli dissi che Kemal adesso permetteva di fotografarsi e allora disse che la moglie era troppo stupida per sapere cos’era la fotografia e che l’avrebbe ripudiata. Gli dissi che Kemal proibiva la poligamia e allora si afflisse, perché nonostante tutto, per lui Kemal era come il papa del maomettanesimo. –
Cara Tania, ti abbraccio teneramente, e attendo la tua lunga lettera.
Antonio

 Carissima Tania,
ho ricevuto le tue cartoline del 13 e del 19 aprile. Aspetterò con pazienza le notizie di casa. Credo che anche tu ti sia accorta, in quei pochi momenti che ci siamo visti, quanto io sia divenuto paziente. Lo ero anche prima, ma solo in virtú di un grande sforzo su me stesso: era una certa qualità diplomatica, necessaria per entrare in rapporto con gli imbecilli e con la gente noiosa, della quale purtroppo non si può fare a meno. Ora, invece, non mi costa nessuna fatica: è diventata un’abitudine, è l’espressione necessaria della routine carceraria, ed è anche un elemento di autodifesa istintiva. Qualche volta però questa «pazienza» diventa una specie di apatia e di indifferenza, che non riesco a superare: credo che ti sia accorta anche di questo e che un po’ ti abbia addolorato. Non è una novità neanche questo, sai? Tua madre se n’era accorta fin dal 1925 e Giulia me lo riferí. La verità è che fin da quegli anni io, per dirla con una immagine di Kipling, ero come una capra che ha perduto un occhio e gira in circolo, sempre sulla stessa ampiezza di raggio. Ma veniamo a qualcosa di piú allegro. La rosa ha preso una terribile insolazione: tutte le foglie e le parti piú tenere sono bruciate e carbonizzate; ha un aspetto desolato e triste, ma caccia fuori nuovamente le gemme. Non è morta, almeno finora. La catastrofe solare era inevitabile, perché potei coprirla solo con della carta, che il vento portava via; sarebbe stato necessario avere un bel mazzo di paglia, che è cattiva conduttrice del calore e nello stesso tempo ripara dai raggi diretti. In ogni modo la prognosi è favorevole, a eccezione di complicazioni straordinarie. I semi hanno tardato molto a sortire in pianticelle: tutta una serie si intestardisce a fare la vita podpolie. Certo erano semi vecchi e in parte tarlati. Quelli usciti alla luce del mondo, si sviluppano lentamente, e sono irriconoscibili. Io penso che il giardiniere, quando ti ha detto che una parte dei semi erano bellissimi, voleva dire che erano utili da mangiare; infatti alcune pianticelle rassomigliano stranamente al prezzemolo e alle cipolline piú che a fiori. A me ogni giorno viene la tentazione di tirarle un po’ per aiutarle a crescere, ma rimango incerto tra le due concezioni del mondo e dell’educazione: se essere roussoiano e lasciar fare la natura che non sbaglia mai ed è fondamentalmente buona o se essere volontarista e sforzare la natura introducendo nell’evoluzione la mano esperta dell’uomo e il principio d’autorità. Finora l’incertezza non è finita e nel capo mi tenzonano le due ideologie. Le sei piantine di cicoria si sono subito sentite a casa loro e non hanno avuto paura del sole: già cacciano fuori il fusto che darà i semi per le messi future. Le dalie e il bambú dormono sotterra e non hanno ancora dato segno di vita. Le dalie specialmente credo siano veramente spacciate. – Poiché siamo su questo argomento, voglio pregarti di mandarmi ancora quattro qualità di semi: 1° di carote, ma della qualità detta che è un piacevole ricordo della mia prima fanciullezza: a Sassari ne vengono di quelle che pesano mezzo chilo e prima della guerra costavano un soldo, facendo una certa concorrenza alla liquerizia; – 2° di piselli; – 3° di spinacci; – 4° di sedani. Su un quarto di metro quadrato voglio
mettere quattro o cinque semi per qualità e vedere come vengono. Li puoi trovare da Ingegnoli, che ha negozio in piazza del Duomo e in via Buenos Ayres; cosí ti farai dare anche il catalogo, dove è indicato il mese più propizio per la semina.
Ho ricevuto un altro biglietto dalla signora Malvina Sanna (Corso Indipendenza 23).
Trasmettile queste linee:
«Comprendo le difficoltà finanziarie per procurarsi i libri da me indicati precedentemente. Anch’io l’avevo fatto notare; ma il mio incarico era quello di rispondere a domande precise. Rispondo oggi a una domanda che, anche se non rivoltami, era implicita, e perché capisco che
risponde a un bisogno generale di chi è carcerato: “come fare a non perdere il tempo in carcere e a studiare qualcosa in qualche modo?” – Mi pare che prima di tutto sia necessario spogliarsi dell’abito
mentale “scolastico”, e non porsi in testa di fare dei corsi regolari e approfonditi: ciò è impossibile anche per chi si trova nelle migliori condizioni. Tra gli studi piú proficui è certo quello delle lingue moderne: basta una grammatica, che si può trovare anche nelle bancarelle dei libri usati per pochissimi soldi, e qualche libro (anch’esso magari usato) della lingua scelta per lo studio. Non si può imparare la pronunzia parlata è vero, ma si saprà leggere e questo è già un risultato ragguardevole. – Inoltre: molti carcerati sottovalutano la biblioteca del carcere. Certo le biblioteche carcerarie, in generale, sono sconnesse: i libri sono stati raccolti a caso, per donazione di patronati che ricevono fondi di magazzino dagli editori, o per libri lasciati da liberati. Abbondano di libri di devozione e di romanzi di terz’ordine. Tuttavia io credo che un carcerato politico deve cavar sangue anche da una rapa. Tutto consiste nel dare un fine alle proprie letture e nel saper prendere appunti
(se si ha il permesso di scrivere). Faccio due esempi: – a Milano io ho letto una certa quantità di libri di tutti i generi, specialmente romanzi popolari, finché il direttore non mi ha concesso di andare io stesso in biblioteca a scegliere tra i libri non ancora passati in lettura o fra quelli che per
un particolare sapore politico o morale, non erano dati in lettura a tutti. Ebbene, ho trovato che anche Sue, Montépin, Ponson du Terrail ecc. erano abbastanza se letti da questo punto di vista:
“perché questa letteratura è sempre la piú letta e la piú stampata? quali bisogni soddisfa? a quali aspirazioni risponde? quali sentimenti e punti di vista sono rappresentati in questi libracci, per piacere tanto?” Eugenio Sue perché è diverso da Montépin? e Victor Hugo non appartiene anche lui
a questa serie di scrittori per gli argomenti che tratta? E Scampolo o l’Aigrette o la Volata di Dario Nicodemi non sono forse la filiazione diretta di questo basso romanticismo del 48? ecc. ecc. ecc. Il
secondo esempio è questo: – uno storico tedesco, Gruithausen, ha pubblicato recentemente un grosso volume in cui studia i legami tra il cattolicismo francese e la borghesia nei due secoli prima
dell’89. Egli ha studiato tutta la letteratura di devozione di questi due secoli: raccolte di prediche, catechismi delle diverse diocesi ecc. ecc. e ha messo insieme un magnifico volume. – Mi pare che sia sufficiente per provare che si può trar sangue anche dalle rape perché in questo caso rape non esistono. Ogni libro, specialmente se di storia, può essere utile da leggere. In ogni libercolo si può trovar qualcosa che può servire… specialmente quando si è nella nostra condizione e il tempo non
può essere valutato col metro normale».
Cara Tatiana, ho scritto anche troppo e ti costringerò a fare un esercizio di calligrafia. – A proposito: ricordati di disporre perché non mi siano più mandati dei libri, finché io non avvertirò.
Caso mai, se vengono fuori libri che ritieni mi possano essere utili, falli mettere da parte per spedirli quando io li domanderò. Carissima, spero davvero che il viaggio non ti abbia stancato
troppo. Ti abbraccio affettuosamente.
Antonio
 

Carissima Tania,
ti invio una lista dei libri che dovrebbero essere a Roma, se la memoria non mi tradisce per qualche d’uno. Naturalmente ciò non vuol dire che essi debbano essermi spediti immediatamente.
Tutt’altro. Per adesso ho molto da leggere. Ma si tratta di libri, che avevo comprato coll’intenzione di fare determinate ricerche, che rientrano perciò in un quadro culturale, e che mi serviranno in avvenire. Ecco la lista di quelli che ricordo (talvolta il titolo è solo approssimativo):
1° L’Europa politica nel secolo XIX. È un grosso volume in 8°, stampato a Brescia a cura di quella Camera di Commercio nel 1926. È una raccolta di conferenze. Questo libro sarei lieto di averlo subito. 2° Benedetto Croce – Elementi di Politica – 3° B. Croce – Breviario di Estetica – 4° B. Croce – Hegel (di questo non sono sicuro se ci sia: forse l’avevo dato in lettura a qualcuno) – 5° Gaetano Salvemini – Mazzini (di Salvemini ci deve essere qualche altro libro) – 6° Roberto Michels – Il Partito Politico. Le tendenze oligarchiche della democrazia moderna – Ediz. ital. del 1924 della
Utet di Torino. C’è anche l’edizione francese di prima della guerra – 7° Raffaele Ciasca – Origini del Programma dell’Unità Nazionale. (Questi libri mandarli per i primi). – 8° Un volume francese sulle finanze italiane negli anni dopo il 1890. Non ricordo né il titolo né l’autore – 9° Janroy. Della
signorina Janroy ho già ricevuto un volume sulla storia della lingua italiana: ma ne avevo anche un secondo volume sullo stesso argomento – 10° Maurice Pernot – L’expérience italienne – 11° Maurice Pernot: La politique du Vatican – Ed. Colin. – 12° Werner Sombart – Il capitalismo
moderno – Ed. Vallecchi – 13° Diambrini-Palazzi – La filosofia di Antonio Labriola – 14° Di Antonio Labriola ci deve essere l’edizione postuma delle sue lezioni all’Università di Roma, forse intitolata «Da un secolo all’altro» – e un volume su Socrate curato da B. Croce. – 15° Marx – Storia
delle dottrine Economiche: 1° Dall’origine della teoria del valore ad Adamo Smith – 2° Davide Ricardo – 3° Da Ricardo all’economia volgare – 8 volumetti – Ed. Costes. – 16° Un numero unico della «Rassegna Italiana» dedicato ai primi 25 anni di regno di Vittorio Emanuele III – 17° don
Ernesto Vercesi – Storia del movimento cattolico in Italia – Ed. «La Voce» – 18° Maurice Muret – Titolo francese press’a poco: La decadenza delle razze bianche – 19° De Rossi – Il Partito Popolare dalla fondazione al 1920 – 20° Congresso dell’Unione Nazionale – 21° Jacques Maritain – Difesa
di Carlo Maurras – 22° Libri sull’attività dell’ambasciatore Georges Louis – Devono essere tre o quattro volumetti – 23° Paolo Cambon – La diplomazia – 24° Mathiez – I due primi volumetti della
Rivoluzione Francese nei Manuali Colin – 25° Rapporto sull’attività della Commissione dei 18 per lo Stato Corporativo – Ediz. dello Stato per il Parlamento – 26° Rodolfo Mondolfo – Il materialismo storico di F. Engels – Ed. Formiggini – 27° Levy – Introduzione alla scienza delle finanze (in
francese). Questi ricordo che c’erano. I primi 7 vorrei averli al piú presto. Gli altri molto dopo. Ho ricevuto finalmente «La rassegna settimanale». La libreria mi ha mandato ancora qualche libro.
Come ti ho già scritto parecchie volte, è bene che libri non mi siano piú mandati, se prima io stesso non li richiedo. Per molte ragioni, 1° Perché ho già da leggere per un pezzo; 2° e piú importante. Perché solo se li domando io, i libri rientrano nel piano intellettuale che io stesso voglio costruire. Ho deciso di occuparmi prevalentemente e di prendere note su questi tre argomenti: – 1° La storia italiana nel secolo XIX, con speciale riguardo della formazione e dello sviluppo dei gruppi
intellettuali; – 2° La teoria della storia e della storiografia; 3° L’americanismo e il fordismo. Di Ford ho i due volumi usciti in francese: «La mia vita», «Oggi e domani» e qualche volume: «Sigfried» e «Lucien Romier». Vorrei avere, se sono stati tradotti in francese, alcuni romanzi di
Sinclair Lewis, specialmente Elmer Gantry. Sulla teoria della storia vorrei avere un volume francese uscito recentemente: Boukharine – Théorie du matérialisme historique, Editions Sociales – Rue Valette 3, Paris (Ve) e le Oeuvres philosophiques di Marx, pubblicate dall’ed. Alfred Costes –
Paris: Tome Ie: Contribution à la critique de la Philosophie du droit de Hegel – Tome II: Critique de la critique critique, contro Bruno Bauer e consorti. – I libri piú importanti di Benedetto Croce in proposito li ho già. Ho visto che è uscito recentemente un vol. di Enrico Ruta: Politica e Ideologia, ma non ho visto citato l’editore: forse è Laterza di Bari. Sul primo argomento ho già qualcosa. Mi ricordo che a Roma devo avere sul risorgimento anche un volume di Piero Gobetti: La rivoluzione
liberale, e un volume di Giuseppe Prezzolini: La Cultura Italiana. – Cosí ho finito. –
Ho ricevuto una cartolina della signora Malvina Sanna, Corso Indipendenza 23, la quale mi domanda dei consigli per suo marito a proposito dei libri di filosofia. Scrivile che io non posso
risponderle direttamente, che sto abbastanza bene, ecc. ecc., che saluto molto cordialmente suo marito, ecc. Trascrivile poi questo pezzo: «Il miglior manuale di Psicologia è quello di William James, tradotto in italiano e pubblicato dalla Libraria Milanese: deve costare molto, perché prima della guerra costava 24 lire. Non esiste un trattato di Logica, all’infuori dei soliti manuali scolastici per i Licei. Mi pare che Sanna parta troppo da criteri scolastici e si illuda di trovare in libri di questo genere piú di quello che essi realmente possono dare. La psicologia, per esempio, si è quasi completamente staccata dalla filosofia, per diventare una scienza naturale, come la biologia e la fisiologia: anzi per studiare a fondo la psicologia moderna, bisogna avere molte conoscenze specialmente di fisiologia. Cosí la logica formale, astratta non trova oggi molti cultori, eccetto che nei seminari dove si studia a fondo Aristotele e S. Tomaso. La dialettica, d’altronde, cioè la forma del pensiero storicamente concreto, non è stata ancora manualizzata. Secondo me, Sanna dovrebbe
far cosí, per migliorare la sua cultura filosofica: 1° studiare un buon manuale di Storia della Filosofia, per esempio, il Sommario di Storia della Filosofia di Guido De Ruggero (Bari, Laterza, L. 18) e leggere alcuni dei classici della filosofia, sia pure in estratti, come quelli pubblicati dallo
stesso editore Laterza di Bari nella Piccola Biblioteca Filosofica dove sono apparsi volumetti di passi scelti di Aristotele, Bacone, Cartesio, Hegel, Kant, ecc., commentati. Per mettersi al corrente con la dialettica dovrebbe leggere, seppure molto faticoso, qualche grosso volume di Hegel. L’Enciclopedia tradotta mirabilmente dal Croce, costa oggi molto, però: circa cento lire. Un buon libro su Hegel è anche quello del Croce, purché si ricordi, che in esso Hegel e la filosofia hegeliana
fanno un passo avanti e due indietro: viene superata la metafisica, ma si ritorna indietro nella questione dei rapporti tra il pensiero e la realtà naturale e storica. In ogni caso questa mi pare la via da seguire: niente manuali nuovi (il Fiorentino basta), e invece lettura e critica personale dei grandi filosofi moderni». Mi pare che basti cosí.
La collezione di dizionari è quella «Toussaint-Langescheidt». Il tedesco ital. e it. ted. io lo avevo a Roma. Vorrei quello inglese-italiano o inglese-francese, non il viceversa, per ora. Quello russo-italiano, che voleva Giulia, nel 25 era ancora in preparazione: forse oggi è già uscito.
Carissima, ti abbraccio affettuosamente.
Antonio
Vorrei avere i discorsi del Capo del Governo del 1927 e 1928, che vengono pubblicati dalla Casa ed. «Alpes» di Milano, e appena esce l’Annuario Statistico Italiano 1929, pubbl. dall’Istituto Centrale di Statistica dello Stato.

Carissima Giulia,
ho ricevuto la tua lettera del 21 febbraio, alla quale non potrei rispondere in altro modo che facendoti una carezza. Però… dopo averti accarezzato, vorrei aggiungere qualche cosa. Ciò che mi scrivi, io già lo sapevo, perché lo immaginavo. Capisci? Il tuo «Giappone» io sapevo che esisteva
alle tali e tali longitudini e latitudini, ecc. Ciò che mi sfugge, è come il «Giappone» si sviluppi, attraverso quali concrete forme di vita la sua esistenza si svolga. So troppo poco della tua vita e della vita dei bambini, e la mia fantasia, senza alimento, gioca nel vuoto. Forse è un’ossessione
determinata dalla vita del carcere, ma, insomma, la sento e non voglio nascondertela. Dalla fotografia mi sembra che tu sia stata male; tu stessa hai accennato che devi fare delle cure e che l’astenerti da certi medicinali ti nuoce. Ma piú di queste cose fuggevoli e vaghe io non so, e ciò
qualche volta mi ossessiona veramente. – Mi sono sempre dimenticato di scriverti che qualche mese fa è morto il maestro Domenico Alaleona, il tuo professore al conservatorio. È morto proprio male, nel peggiore momento della sua vita. Da un giornale letterario ho appreso questi particolari. Dopo la soppressione del «Mondo», di cui l’Alaleona era redattore, ordinario, egli passò, fresco, fresco, al «Lavoro d’Italia», recentemente soppresso anch’esso, e con altri ex redattori del «Mondo»
divenne un pezzo grosso del Sindacato degli artisti e scrittori fascisti; prima che morisse scoppiò uno scandaletto, poiché venne pubblicato che il «Lavoro d’Italia» aveva pagato 150.000 lire un romanzaccio d’appendice, scritto in cooperativa da 10 di questi scrittori, in maggioranza democratici fino al novembre 1926 e divenuti fascisti dopo le leggi eccezionali. I vecchi fascisti fecero un’offensiva in piena regola contro questi ultimi venuti e il governo sciolse l’organizzazione
degli artisti, licenziando l’Alaleona dal posticino che si era procurato. Una sua opera breve, in un atto, mi pare, aveva fatto mezzo fiasco poco prima. – Cara, spero che ti deciderai a darmi maggiori particolari sulla tua salute. Come è stato il freddo da voi e come l’avete sopportato? Io adesso sto
abbastanza bene e dormo qualche mezz’ora di piú. Poi mi sono ingolfato in traduzioni dal tedesco e questo lavoro mi calma i nervi e mi fa stare piú tranquillo. Leggo meno, ma lavoro di piú. Pare che ci sia qualche altra tua lettera in viaggio per me, a quanto accenna Tatiana: se mi darai particolari, ti scriverò piú a lungo la prossima volta.
Ti abbraccio forte forte
Antonio

Carissima Tatiana,
bisogna proprio che ti ringrazi cordialmente per la tua frequenza nello scrivere: quando ricevo della corrispondenza provo una vera gioia, un po’ fanciullesca persino. Oggi stesso ho ricevuto la tua cartolina di 200 lire; avevo pochi giorni fa ricevuto 200 lire da Carlo e cosí alla fine
del mese avrò ancora a libretto 1150 lire, una somma rispettabile, come vedi. Nella cartolina di oggi scrivi di «lettere di Giulia e di libri», che avrei dovuto ricevere. Di Giulia ho ricevuto l’ultima lettera il 2 marzo, speditami da te il 28 febbraio: accenni a quella? Altre non ne ho ricevuto.
Quindici giorni fa ti scrissi mezza lettera, che forse ti è stata spedita in ritardo da Carlo, dove, tra l’altro ti domandavo alcune cose: m’ero dimenticato però di pregarti di mandarmi anche qualche scatola di Ovomaltina, giacché sto per ultimare quella speditami da Carlo qualche mese fa. I libri spediti dall’avvocato li ho ricevuti. Ne mancano alcuni: certamente mancano i seguenti, come ho controllato: Benedetto Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX; Guglielmo Ferrero, Le
due verità; La terza Roma; Alessandro Zévaès, Histoire de la IIIeme Republique; Upton Sinclair, Le pétrole; Enrico Ferri, Mussolini, uomo di Stato. Un volume di uno come «Bucard» sull’Intelligence Service inglese con prefazione di Stéphane Lauzanne (non ricordo il titolo). Questi libri devono essere in casa della signora Pina e desidererei averli, specialmente quello di Croce: pensa che questo l’ho già comprato tre volte e sempre mi è stato rapinato. Ora basta. Costa 40 lire: ho speso 120 lire e dovrei ancora spenderne 40 (cioè 160 lire) per avere un libro che mi è indispensabile: mi pare una esagerazione troppo esagerata. Ti prego perciò di ricercarli e di tenermi informato: ho proprio l’impressione che siano stati scelti e trattenuti a bella posta e ciò mi esaspera. Mi pare che
lasciar passare sarebbe una sciocchezza, e non bisogna avere troppi riguardi contro certe indelicatezze: questa gente sa bene che sono in carcere e che i sacrifizi che i miei fanno per me non devono essere sfruttati da terzi. Credi: sono proprio esasperato. Dillo, anche, se è necessario, al
signor Tullo, o faglielo capire. L’ho visto a Milano, mentre ero a colloquio insieme a suo fratello, e mi ha fatto un’impressione spiacevole, proprio di un collotorto. Mi è dispiaciuto assai, dopo averli visti, che tu abbia dovuto far conoscenza con quella gente. Basta. Il 19 è l’onomastico di mia madre:
puoi mandarle un telegramma coi miei auguri? Sarà una sorpresa gradita per lei. Carissima Tania, ti scrivo sempre per darti fastidi e incarichi che ti fanno stancare. Voglimi bene lo stesso
Antonio
Non ho ancora ricevuto la «Rassegna settimanale della Stampa Estera» dal 1° dell’anno. Ma vedrò di aspettare ancora un po’. Ti abbraccio.

Carissima Tatiana,
ho ricevuto le tue tre cartoline (anche quella con gli scarabocchi di Delio), poi ho ricevuto i libri che avevo al carcere di Milano e ho constatato che il tuo bauletto inglese ha fatto miracoli, perché, imperterrito, ha superato il viaggio a piccola velocità, con ruzzoloni connessi, senza subire nessun danno e sfregio permanente; inoltre ho ricevuto le due paia di calze rammendate che ti avevo lasciato a Roma e le arrecato coi libri, sebbene il baule fosse un po’ riempito come di patate: non ho potuto ancora fare una identificazione precisa, ma mi pare che alcuni libri manchino; non fa nulla! Mi ha molto divertito la storia della conferenza di Innocenzo Cappa. Questo tipo è un po’ il prezzemolo di tutte le salse intellettuali milanesi; e ancora, l’immagine è troppo favorevole a lui, perché il prezzemolo nella salsa compie una funzione utile e congrua, mentre il Cappa sta al mondo della cultura come il tarlo sta all’arte dell’abbigliamento. Una volta era il piagnone della democrazia lombarda; l’avevano anzi battezzato meglio: siccome Cavallotti era stato chiamato il bardo della democrazia, il Cappa ne fu chiamato il bardotto e bardotto è il mulo nato dall’incrocio di un’asina e un cavallo. Una figura intellettualmente nulla e moralmente discutibile. Qui il tempo pare rimesso; pare che si senta finalmente l’odore della primavera. Ciò mi fa ricordare che si avvicina l’epoca delle zanzare, che l’anno scorso mi hanno tormentato assai. Desidererei perciò avere un pezzo di velo di zanzariera, per essere in grado di riparare la faccia e le braccia appena se ne presenti la necessità. Non molto grande, naturalmente, perché altrimenti forse non sarebbe neanche permesso; penso della superficie di un metro e mezzo quadrato. Poiché ci sono, ti espongo qualche altro desiderio: avere qualche matassina di lana per rammendare le calze. Ho studiato i rammendi delle due paia ricevute e mi pare che non oltrepassino la mia perizia. Bisognerebbe anche disporre di un ago d’osso, capace per la lana. Inoltre desidererei avere anche qualche fava americana per il tabacco, perché le altre hanno già perduto il profumo. Mi sono sempre dimenticato di scriverti di non mandarmi l’apparecchio per il meta, perché io ne possiedo già uno tutto d’alluminio; non ho mai domandato di averlo in cella, perché ho saputo che ad altri è stato rifiutato; d’altronde non mi serve molto. L’ho tenuto perché sono persuaso che col tempo lo permetteranno in tutte le case di pena, giacché in parecchie è già entrato e viene provveduto dalla stessa amministrazione.
Cara, ti abbraccio affettuosamente.

Antonio

Mandami anche, se puoi, i semi di qualche bel fiore.

Memorie di Salandra. Ringrazia l’avvocato per il disturbo che gli ho